Homefront: The Revolution
Mettersi alla prova con Homefront: The Revolution vuol dire entrare in un futuro distopico e lontano dalla realtà – ma non troppo – con gli Stati Uniti che sono stati sottomessi da una superpotenza asiatica che ha ridotto in schiavitù tutti gli americani, soggiogando i civili e trasformando le città in campi di concentramento a dir poco spaventosi. Il presupposto di partenza non è certo dei più originali, e in effetti non attrae più di tanto: ma vale la pena di lasciarsi coinvolgere, perché con il tempo tutto migliora. Non si pensi, però, a un gioco in cui la violenza domina, anche perché nella storia non c’è letteralmente posto per l’esercito americano, il quale è stato smantellato. La ribellione, l’ingegno e la furbizia sono le sole armi a disposizione del giocatore: non bisogna picchiare ma pianificare.
Cosa deve fare, quindi, il giocatore che si cimenta con Homefront: The Revolution? Soprattutto esplorare, andare alla scoperta di mappe da indagare: per esempio nella zona verde, che è poi l’area in cui si sviluppa la trama e in cui le missioni vengono assegnate. Il fulcro del gioco è proprio qui, in questa specie di quartier generale in cui il protagonista ha la possibilità di potenziarsi e di comprare armi; ma non bisogna sottovalutare le zone rosse, in cui c’è un po’ più di azione, con scontri a fuoco che coinvolgono numerosi personaggi.
I pregi di Homefront: The Revolution sono tanti, come pure i difetti: in sintesi, il punto debole che balza all’occhio quasi subito è che la struttura delle missioni è pressoché sempre uguale a sé stessa, con pochi cambiamenti che, in fin dei conti, rischiano di far annoiare il giocatore. La ripetitività è un nemico che non viene sconfitto, e il sistema di combattimento appare statico, fermo su se stesso e immobile: si spera sempre in un cambiamento che però non arriva.
Con Homefront: The Revolution, insomma, non si può contare sulle scariche di adrenalina che forse sarebbe stato lecito attendersi, e il ritmo del gioco pare addirittura fermarsi in alcuni punti, come quando si ha la necessità di sottrarsi agli occhi delle telecamere, nel momento in cui si è impegnati a favorire la ribellione della popolazione, per non essere scoperti dalle guardie. Non è prevista la rigenerazione automatica della vita, il che vuol dire che puntare sugli scontri a fuoco è molte volte una scelta sbagliata: ma in questo modo viene meno il sale del gioco, e tutto diventa insipido.